giovedì 2 settembre 2010

It’s not only Rock’n’Roll, Baby!

Le mie aspettative legate a questa mostra in Triennale Bovisa (Milano) erano molte. Mi incuriosiva parecchio l'idea di vedere come dei grandi artisti del rock hanno provato ad esprimersi anche attraverso il pennello, la fotografia o il collage. Gli artisti esposti sono dodici: Alan Vega, Andy (dei Blue Vertigo, l'unico italiano), Antony (Antony and the Johnsons), Bianca Casady (CocoRosie), Chicks on Speed, Devendra Banhart, Fischerspooner, Kyle Field, Patti Smith, Pete Doherty, The Kills, Herman Dune. 


Prima di entrare ci è stato dato un foglio a4 con l'elenco numerato delle opere esposte, con giusto un paio di informazioni circa la loro dimensione e la tecnica di realizzazione, ed un altro piccolo depliant con qualche riga introduttiva alla biografia degli artisti. All'inizio della mostra c'è un breve riquadro introduttivo su quello che si andrà a vedere, poi nulla per tutto il resto dello spazio espositivo. In ogni stanza, infatti, sono presenti solamente le opere, esposte per la maggior parte in ordine molto lineare. Sotto di loro soltanto un numero, che trova corrispondenza nel foglio sopraccitato; foglio che tra le altre cose non rispetta l'ordine di comparizione delle opere, quindi si deve stare molto attenti a quel diavolo di numerino messo lì sotto (molto pratico devo dire!). L'ultima stanza dell'esposizione è poi dedicata alle interviste fatte dal curatore della mostra (Jérôme Sans) a tutti gli artisti. Ora, visto che queste interviste sarebbero state perfette per introdurre i vari artisti volta per volta, non era forse meglio usarle proprio a questo scopo? Sono pronta a scommettere che il 70% delle persone, arrivate a quella stanza, perde la pazienza di leggere dopo due, massimo tre interviste. E come non capirli, ormai sono fuori contesto e mettendole così tutte insieme non vengono apprezzate/capite.


A mio parere si tratta quindi di un'esposizione organizzata davvero male.
Tanto per cominciare perchè è troppo confusionaria, cosa costava mettere la classica etichetta sotto al quadro anzichè fare un inutile e incasinato foglio a4? In questo modo, oltre a sprecare inutilmente della carta, si distrae moltissimo colui che guarda perchè anche solo per sapere il titolo dell'opera deve mettersi lì e cercarlo sul foglio. Non è per niente immediato, e francamente lo trovo proprio inutile. 


In secondo luogo penso che chi va ad una mostra d'arte voglia imparare qualcosa. E come può farlo se nessuno gli dà delle informazioni in più? Sappiamo benissimo tutti che l'arte non è riassumibile in poche parole, però mettendo delle didascalie un minimo introduttive, se non al singolo quadro almeno all'autore, è sicuro che si offrono degli spunti di riflessione. Se poi ad una persona interessa, allora prende e si studia l'argomento per conto suo (proprio per questo ritengo che le interviste sarebbe stato meglio metterle passo passo un po' alla volta, ed in relazione a quello che trattavano). Anche perchè qui si trattava di una mostra molto particolare. Se devo andare ad una mostra su di un artista specifico, oppure su un movimento artistico preciso, allora è molto probabile che prima leggerò qualcosa, mi documenterò minimamente sull'argomento. Ma in una situazione come questa è pressochè impossibile farlo. Si tratta di dodici artisti, conosciuti dai più solamente dal punto di vista musicale. A parer mio si sarebbero quindi dovute sprecare due parole in più per permettere al fruitore di apprendere realmente qualcosa, anche perchè si trattava per la maggior parte dei casi di arte concettuale. 


Io sento che oggi il mio bagaglio culturale si è arricchito veramente poco, perchè ho apprezzato molto Andy dei Bluvertigo, che non conoscevo in questa veste, però per il resto è stato davvero difficile entrare in contatto con l'opera e capirne qualcosa.

Andy. True Blue. Acrilicofluo su tela


Quello che credo io è che una mostra debba avvicinare la gente all'arte, debba invogliare le persone a frequentare i luoghi di cultura e in questo caso secondo me la Triennale ha fallito in pieno. Ho percepito questa esposizione come qualcosa di molto elitario e dedicato solo a una certa nicchia di pubblico. Parlando proprio di questo con chi mi ha accompagnato nella visita, è venuta fuori una somiglianza con la filosofia che trovo geniale. Ci sono alcuni filosofi che sembra quasi che non vogliano essere capiti, perchè usano un linguaggio contorto e molto complesso .. lo stesso funziona per le esposizioni come questa, sembra che l'arte in questi casi non voglia essere spiegata, non voglia essere capita. 


Naturalmente tutto ciò che ho scritto è molto personale, quindi chiunque non condivida può benissimo commentare e dire la sua. Mi piace lo scambio di opinioni, sempre e comunque :)

R.M.

7 commenti:

  1. Cara laureanda,
    ho letto con vivo interesse questa tua recensione, trovandola interessante per quanto possa esserlo verso chi, come me, non ha visto la mostra e quindi difficilmente può esprimere un giudizio autentico. Di certo hai segnalato delle lacune organizzative che penso di condividere abbastanza da come ne parli. Peccato perché l'idea della mostra era molto interessante e una roba del genere, sulla carta, mi avrebbe esaltato non poco.
    Il paragone conclusivo coi filosofi comunque è pericoloso, potresti urtare la sensibilità e il fanatismo di tante persone a seconda del filosofo a cui ti riferisci :D (a meno che tu non stia parlando di Schelling di cui non frega niente a nessuno!)

    RispondiElimina
  2. HAHAHAAHAHAHAH dai Heidegger non dirmi che voleva farsi capire!!! Questo è un dato OGGETTIVO!!! hahahahah

    cmq sì, io faccio molto caso al lato organizzativo/comunicativo .. sai com'è, deformazione professionale XD XD XD .... e secondo me conta tantissimo alla fine ....

    RispondiElimina
  3. Sì, sì, infatti sono d'accordissimo con la tua analisi. La tua recensione diciamo che si concentra su questo aspetto tralasciando il valore delle opere esposte in sé ma credo sia giusto così: come si può apprezzare il valore delle opere se non si possono neppure conoscere bene le opere in questione? Non è la prima volta che sento di mostre deludenti sotto questo aspetto.
    Per farti un esempio vissuto personalmente, lo scorso maggio sono andato a una mostra dedicata a Che Guevara, più precisamente al celebre scatto fotografico di Alberto Korda. Ebbene ne sono rimasto molto deluso: infatti il materiale (per lo più visivo) era parecchio ma lasciato a sé, senza una guida a commentare o delle descrizioni accanto. Considerato che il tema della mostra era già abbastanza di nicchia si poteva cercare di offrire qualche "riempitivo" in più. Invece niente, in 10 minuti potevi benissimo vedere tutto senza però aver visto niente in sostanza. Peccato, perché poi sono i musei i primi a perderci in fama e valore.

    RispondiElimina
  4. penso di aver visto anch'io quella mostra, sempre in Triennale Bovisa dove ho visto questa .. In effetti la ricordo così .. però in quel caso era leggermente diverso, in quanto le opere esposte erano molto più immediate, alla fine vedevi qualcosa che riuscivi ad identificare. Nel caso della mostra di oggi invece molte opere erano lasciate a se stesse in tutto e per tutto .. è stato molto peggio :(

    comunque si, ora non ho parlato tanto delle opere proprio per il motivo che dicevi tu!!

    RispondiElimina
  5. Ammetto di essere l'autore del paragone con la filosofia.
    Riguardo la mostra ovviamente condivido quanto scritto da Silvia. Purtroppo non è stato possibile analizzare e valutare le opere presentate per la totale mancanza di informazioni riguardo le opere stesse.
    Il paragone con la filosofia (o meglio, con alcuni filosofi) calza: in alcuni ambienti culturali/artistici c'è la volontà di separarsi dalla massa, di rendere le proprie creazioni dei prodotti elitari, la cui comprensione è preclusa al "popolo" ignorante. Inutile dire che a questi autori/artisti/curatori va tutto il mio più profondo disprezzo.

    RispondiElimina
  6. Tu dici: "Ho percepito questa esposizione come qualcosa di molto elitario e dedicato solo a una certa nicchia di pubblico." Io ti rispondo che ho trovato questa mostra una presa in giro...i grandi nomi erano specchietti per le allodole, ma a parte rare eccezioni, davvero niente mi ha arricchito...i disegni di Devendra Banhart sembravano fatti da uno che si annoia a stare al telefono...e altre scelte (come la gli scatti di Patty Smith, oltretutto, più piccole no, vero?) erano veramente opinabili...bah, dev'essere la nuova linea di chi organizza questi eventi, tutta fumogena...

    RispondiElimina
  7. ahah hai ragione Lucy! discutevamo proprio sul fatto che in alcuni di quei ritratti, di fatto scarabocchiati, si potesse intravedere una buona mano di fondo ... però poi quei pasticci tutti uguali non avevano alcun senso!!
    Idem per patty smith ... quelle foto erano davvero pessime, conosco almeno 5 persone che potrebbero fare degli scatti molto ma molto più artistici di lei ... pessima ...

    Purtroppo mi sa che è come dice Andrea, l'arte sta diventando qualcosa che vuole essere elitario e ci si compiace se la gente dice di non aver capito ... ed è un vero peccato.

    RispondiElimina