venerdì 2 novembre 2012

Cassandra. Le idee del 2001 e i fatti del decennio.

Milano, Palazzo della Ragione. Un grande salone dedicato alla lungimirante quanto scomoda riflessione nata dal contro-vertice di Genova nel luglio 2001, movimento che tutti sappiamo essere stato brutalmente represso in episodi che caratterizzano le peggiori pagine della nostra democrazia. A partire dalle analisi proposte in quell’occasione, la mostra propone oltre 250 opere e guida lo spettatore in un viaggio attraverso gli ultimi dieci anni di storia. 
Il colonnato centrale ha la funzione di “spina dorsale” dell’esposizione, poichè ospita una cronologia molto dettagliata di tutto il decennio: undici pannelli illustrano i fatti da non dimenticare, insieme a diverse prime pagine e un centinaio di vignette di Vauro, Altan ed Ellekappa. Le pareti sono invece riservate quasi esclusivamente alle opere dei fotografi e a diversi monitor che proiettano filmati di repertorio; in questo caso il percorso non segue un andamento di tipo cronologico bensì tematico: economia e lavoro, beni comuni, guerra e repressione, società e diritti. Ognuna di queste sezioni è accompagnata da descrizioni e osservazioni personali di grandi giornalisti, opinionisti e scrittori. Alla fine del percorso è stato inserito anche un piccolo contributo riguardante la città di Milano, con fotografie che vogliono raccontare l’impegno di donne, giovani e lavoratori milanesi nella difesa dei diritti e dei valori fondamentali. 
Questa esposizione parte senza dubbio da un’idea molto interessante, ma purtroppo ci sono svariate lacune per quanto riguarda la sua realizzazione pratica. Il difetto maggiore, che si percepisce subito all’ingresso, è la mancanza di chiarezza riguardo il percorso da intraprendere: la parte centrale del salone segue un andamento di tipo cronologico mentre quella laterale ne segue uno di tipo tematico, questo sicuramente disorienta lo spettatore, che non capisce subito da che parte deve andare ed è costretto a fare lo stesso percorso due volte per osservare con attenzione entrambe le sezioni. Inoltre le opere lungo le pareti sono disposte in senso antiorario, così come i pannelli testuali di accompagnamento; anche questo è un elemento innaturale, che sicuramente non aiuta ad immergersi pienamente nel percorso espositivo. Ancora riguardo i pannelli testuali, non sono state assolutamente rispettate le proporzioni spazio-testo: tra la sezione centrale e quella laterale c’è una grande area libera, situazione ideale per pannelli di grandi dimensioni, che consentano alle persone di leggere senza fatica e distribuirsi nello spazio in modo omogeneo. In questa esposizione accade invece il contrario, sono infatti presenti testi decisamente troppo lunghi e per niente incisivi, relegati in spazi piccolissimi e scritti con caratteri minuscoli e talmente fitti da costringere le persone ad avvicinarsi molto per leggere. In questi testi scarsamente fruibili ci sono anche le informazioni relative alle fotografie esposte, ma sarebbe stato sicuramente più utile scrivere poche cose direttamente sotto ogni fotografia piuttosto che costringere lo spettatore a leggere tutto per poi andare a cercare con gli occhi l’opera di cui sta leggendo. Anche perché in questo modo gli scatti sarebbero stati più distanziati tra di loro e non avrebbero portato confusione al primo impatto visivo. Mostra interessante, quindi, ma che non rende giustizia all’idea che ne sta alla base.

R.M.

sabato 6 ottobre 2012

Pablo Picasso. Capolavori dal Museo nazionale Picasso di Parigi.

Massacro in Corea, 1948.

In questi giorni presso Palazzo Reale è possibile fare un interessantissimo viaggio nel tempo. Mi riferisco alla retrospettiva dedicata a Pablo Picasso, a Milano fino al 6 gennaio 2013.

Già nel 1953 e nel 2001 la città aveva ospitato l'opera del grande artista spagnolo, il successo fu tale che la sezione iniziale dell'attuale mostra è riservata proprio all'omaggio della prima esposizione. Documenti epistolari e fotografici ripercorrono infatti l'arrivo di Guernica dal MoMa di New York e la sua esposizione nella grande Sala delle Cariatidi. 

Dopo questa breve parentesi introduttiva si entra subito nel vivo della mostra. Guernica non è presente, ma vengono proiettate a grandezza naturale le immagini della sua elaborazione e dei suoi studi. Molto importante è anche la presenza di Massacro in Corea, che invece nel 1953 era assente all'esposizione di Roma, per non turbare la sensibilità dell'alleato americano. In questa prima sala si ha immediatamente la percezione della filosofia e della poetica che stanno alla base dell'opera di Picasso, due grandi wall sono infatti interamente dedicati a citazioni che ne disvelano l'essenza. 

Tutto il percorso segue poi una struttura di tipo cronologico, vengono infatti affrontate poco per volta le varie fasi della crescita artistica di Picasso tra il 1900 e il 1972. Ci sono esempi del periodo blu e di quello rosa, della ricerca africana e del proto-cubismo, vengono illustrate tutte le fasi del cubismo, da quello Sintetico a quello Classico, non mancano le opere surrealiste e nemmeno quelle in cui si manifesta chiaramente il suo impegno politico. Quindici sale che rapiscono lo spettatore per due ore, accompagnandolo passo per passo nella crescita dell'artista e rendendo sempre più esplicito il concetto di trompe-l'esprit, appena accennato in uno dei due wall della Sala delle Cariatidi. Se con il trompe-l'oil si inganna l'occhio, con il trompe l'esprit Picasso vuole ingannare lo spettatore fin dentro l'anima e spingerlo oltre al suo abituale concetto di realtà. Da qui il termine di surrealismo, inteso come rappresentazione della natura in modo "più reale del reale". 

L'impronta di tutta l'esposizione è chiaramente di matrice didattica, elemento suggerito sia dalla scelta di disporre le opere in ordine cronologico, sia dall'elevato numero di pannelli esplicativi presenti, sia dalla precisione e dalla chiarezza di questi ultimi. Le pecche da segnalare sono due: le targhe e il posizionamento del Massacro in Corea. Le prime, infatti, non sempre sono posizionate accanto alle opere cui si riferiscono e capita che si crei un po' di confusione; per quanto riguarda l'opera del 1948 invece non è molto chiaro il significato della sua presenza nella prima sala. Forse si tratta di una scelta dovuta all'importanza del dipinto, ma credo che proprio per questo sarebbe stato meglio posizionarla con le altre in ordine cronologico, consentendo quindi allo spettatore di fruirne in seguito ad una giusta maturazione e presa di coscienza graduale. Ciò detto, però, è importante notare che di mostre di Picasso se ne sono viste molte negli ultimi anni, ma questa sembra essere la più rappresentativa di tutte, sicuramente anche grazie agli essenziali prestiti del Musée National Picasso di Parigi. 

R.M.

venerdì 31 agosto 2012

Quello che non sapevi sull'arte egiziana




Le due fotografie proposte aiutano a capire quanto l'unione di diversi popoli e diverse culture sia determinante non solo dal punto di vista sociale, ma anche dal punto di vista artistico e culturale. Contrariamente a quanto forse si potrebbe pensare dopo una prima occhiata, le due maschere funerarie proposte sono entrambe egiziane.
La prima è la famosissima maschera di Tutankhamon e costituisce un classico esempio di arte egizia pre-romana: defunto bellissimo, chiaramente idealizzato. La seconda invece ha subìto le influenze romane. Dopo aver colonizzato l’Egitto, infatti, i romani si integrano con le tradizioni locali tanto da introdurne il realismo nell’arte funeraria. Il volto riprodotto è molto probabilmente quello del defunto mummificato.

R.M.

martedì 28 agosto 2012

La mistica popolare dell’azione ed il patriota rivoluzionario

Nei murales dell’Irlanda del Nord l’eroismo comunitario viene rappresentato attraverso la raffigurazione del gesto eroico, tale azione è compiuta da figure ignote che personificano la collettività. Un esempio di questo tipo di espressione è il noto murales The petrol bomber (sopra), che raffigura un ragazzo con indosso una maschera antigas e una molotov in mano; il disegno originale deriva da uno scatto del fotografo Clive Limpkin (Kelly, 2011). È una scena di guerriglia urbana e il primo piano ravvicinato vuole far emergere le connotazioni psicologiche e creare una forte intimità con l’osservatore; il sapiente uso dei colori e dei piani incrociati permette alla scena di guerra alle spalle del ragazzo di acquistare una grande profondità sia grafica sia emotiva: il giovane sembra tanto superiore ed imponente per via dell’asse ottico inclinato verso l’alto e del nero usato per il giubbotto e per la maschera antigas.
Una situazione simile è ricreata con The Rioter (sotto), in cui un ragazzo lanciatore di pietre visto di spalle si protegge con una grata e fronteggia i blindati britannici che stanno invadendo le aree cattoliche. In nessuno dei due casi descritti è possibile identificare una persona fisica nota, rappresentano quindi tutto il popolo e tutti i cattolici nordirlandesi; anche la giovane età dei combattenti rappresentati evoca la lotta del nuovo contro il vecchio.
“La città stessa e i suoi murales aiutano la comunità a ricordare e a fare del ricordo un monito all’azione che diviene comunitaria perché tutti possono divenire protagonisti sacrificando la propria individualità per l’Irlanda.” (Guerra, 2011, p. 47).



R.M.

martedì 22 maggio 2012

Il grande masturbatore

Il grande masturbatore, Salvador Dalì (1929).

Dalì era terrorizzato dalle cavallette, egli stesso scrive:
Ho ormai trentasette anni, e le cavallette mi fanno esattamente la stessa paura di quand’ero adolescente. No, non esattamente: di più. Se mi trovassi sull’orlo del precipizio, con una grossa cavalletta alle spalle, salterei nel vuoto per sfuggirle.
Questa grande ossessione lo portò a dipingere l’animale molto spesso. Nel quadro in esame la cavalletta ha una forma piuttosto geometrica e dura, che sta attaccata al capo molle di Dalì creando un contrasto molto forte. Dove c’è l’insetto poi è da notarsi che dovrebbe esserci la bocca, ma è del tutto assente: la fobia dell’artista si manifestava infatti con attacchi isterici durante i quali perdeva il controllo e la voce.


R.M.